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Oltre la fuga: l’Ambulatorio per le vittime di tortura che riscatta vite segnate dalla violenza CLICCA PER IL VIDEO

giovedì 20 Febbraio - 2025 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: News ed eventi, Salute, Video

Corpi segnati da ferite invisibili e cicatrici profonde, dentro e fuori. Uomini, donne e bambini hanno subito torture e trattamenti inumani, prima nei loro paesi d’origine, poi lungo il viaggio e, spesso, persino nella nazione di destinazione. Il loro dolore non svanisce con la fuga, ma si radica in ferite profonde, nel corpo e nella psiche, che faticano a rimarginarsi. E senza un’assistenza specialistica, le conseguenze di traumi e violenze rischiano di lasciare segni indelebili sulla loro vita.

Dal 2018, in Sicilia, l’Ambulatorio per le Vittime di tortura del Policlinico di Palermo ha accolto circa 400 persone, di cui un quarto offrendo assistenza medica, psicologica e culturale per aiutarle a ricostruire la propria identità, restituendogli loro la speranza in un futuro possibile e ricostruire la fiducia nell’altro.

A guidare il team dell’ambulatorio, composto da specialisti in medicina legale, psicologi, radiologi e mediatori culturali, è la professoressa Antonina Argo, direttore della Scuola di Medicina Legale – UniPa che ci racconta questa complessa macchina di accertamento e certificazione.

Un’equipe multidisciplinare per un percorso di cura complesso

Il nostro lavoro è basato su un approccio multidimensionale che segue protocolli strutturati, come quello di Istanbul, per garantire una valutazione approfondita delle condizioni delle persone che si rivolgono a noi. Alcuni pazienti ci vengono segnalati dall’Ambulatorio di Medicina delle Migrazioni, altri arrivano attraverso strutture residenziali o corridoi umanitari governativi e del terzo settore – spiega la Argo –. L’accertamento multidisciplinare prevede diverse fasi: anamnesi, esame obiettivo, valutazione dello stato mentale con scale specialistiche e un controllo dello stato di salute generale secondo gli indicatori dell’OMS attraverso il protocollo Wallace. È un processo complesso che richiede molto tempo e attenzione”.

Le torture documentate: una realtà crudele

“Abbiamo documentato numerose tipologie di torture fisiche – racconta -. Le più comuni sono le ustioni inferte volontariamente, le bruciature da sigaretta, le lesioni da corpi contundenti e da armi da taglio. Spesso rileviamo segni di torture posizionali, dove le vittime vengono legate e sospese per lunghi periodi, subendo privazioni di sonno e cibo. inoltre abbiamo riscontrato anche mutilazioni, avulsioni delle unghie, ferite da armi da fuoco, fratture e lesioni che rendono difficile perfino la deambulazione. Molte persone presentano esiti permanenti che compromettono per sempre la loro qualità di vita“.

“I traumi più gravi si riscontrano nei minori, vittime di abusi sistematici. Abbiamo accolto adolescenti che fuggivano da violenze domestiche, sessuali e dalla vendita forzata a sfruttatori. Purtroppo, la loro sofferenza non termina con la fuga: durante il viaggio, e soprattutto nelle carceri libiche, molti subiscono ulteriori abusi, spesso con conseguenze permanenti come gravidanze indesiderate e lesioni invalidanti”.

Un capitolo a parte riguarda la violenza sessuale in entrambi i sessi – prosegue -. Abbiamo trattato ragazze poco più che bambine vittime di stupri ripetuti nei paesi d’origine e durante la migrazione. Spesso queste giovani sono vendute, illuse di trovare protezione presso conoscenti, e invece subiscono abusi sistematici. Alcune restano incinte e arrivano in Italia in condizioni di estrema vulnerabilità. In alcuni casi la gravidanza si conclude con un parto, in altri con aborti forzati e pericolosi. È uno scenario raccapricciante”.

L’impatto psicologico

Valeria Tullio, psicologa clinica, sottolinea l’enorme peso emotivo di questi percorsi, sia per chi li affronta che per chi li accompagna.

“Per i pazienti, rivivere il trauma durante la visita medico-legale è estremamente difficile. Esporre in poco tempo gli abusi subiti, spesso mai affrontati prima, li pone in una condizione di estrema fragilità. Dobbiamo operare con estrema attenzione, monitorando costantemente il loro stato emotivo e fermandoci quando il carico diventa insostenibile – aggiunge Tullio – . Effettuare una visita medico-legale, quindi, non è semplice. L’impatto emotivo è forte anche per gli specialisti. La letteratura, in questo caso, parla di ‘trauma vicario’, ovvero il trauma che colpisce chi, come noi, è costantemente esposto a queste narrazioni dolorose. Avere figure di riferimento per la supervisione diventa essenziale per il nostro stesso benessere”.

Necessità future

“Non possiamo prevedere il numero di persone che assisteremo ogni anno, ma ci è chiaro che il bisogno di questo servizio resta elevato e che dobbiamo continuare a migliorare il supporto che offriamo“, conclude la professoressa Argo.

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