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Popolazioni vulnerabili: il modello assistenziale virtuoso per garantire il diritto alla salute di tutti CLICCA PER IL VIDEO

martedì 8 Ottobre - 2024 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: News ed eventi, Salute, Video

Dalle condizioni delle persone immigrate, passando per l’analisi della deprivazione sociale e materiale, fino alla conduzione di studi su ampia scala con disegni complessi.

Il Sistema sanitario nazionale e regionale presta molta attenzione alle “Popolazioni vulnerabili”, ossia di minoranze etniche, migranti, disabili, senza dimora, soggetti con dipendenza patologica, ristretti, che vivono in una situazione di più alto rischio di povertà, morbilità ed esclusione sociale rispetto alla popolazione generale.

 “Sono popolazioni eterogenee che condividono l’aver perso uno o più determinanti di salute tra quelli descritti dall’Oms“, precisa Tullio Prestileo, direttore dell’Unità operativa di Patologie infettive nelle popolazioni vulnerabili dell’Ospedale Civico-Benfratelli di Palermo, che da tempo si occupa di questo target poiché: “Il Civico apre le porte a tutti, universalmente, perché la salute è un diritto e non un bene esclusivo di alcune popolazioni”.

“Lavoriamo molto sull’aspetto infettivologico perché determinate popolazioni – sottolinea – sono maggiormente predisposte a determinate infezioni che andiamo a ricercare. Allo stesso tempo, a causa di abitudini alimentari e regimi lavorativi molto duri, presentano una perdita del benessere che si associa alla perdita dei determinanti di salute di cui abbiamo parlato in precedenza“.

Il modello socio-assistenziale

“Negli anni abbiamo messo appunto una serie di procedure sanitarie che partono dall’accoglienza iso e transculturale, la definizione del problema clinico, l’applicazione di tutte le procedure sanitarie che, però, prevedono sempre l’osservazione e la puntualizzazione dell’inquadramento della persona e dei suoi problemi -prosegue -. Siamo convinti che un centro come questo, tramite la sua metodologia di lavoro ben consolidata che produce ottimi risultati, potrebbe essere un esempio per riprodurre l’esperienza in altri territori italiani. Sono onorato di collaborare con la prefettura di Palermo ed il prefetto, proprio perché è intenzione di quest’ultimo di istituire un programma di ricerca sperimentale per l’istituzione di un centro per l’assistenza di donne e migranti che hanno subito violenza di genere“.

L’importanza di fare rete

Uno dei problemi principali è, però, reperire questi soggetti e per questo è fondamentale la collaborazione con Ong ed associazioni che si si impegnano a rispondere alle esigenze di chi vive ai margini della società.

“Questa sinergia ha dato vita a un modello innovativo di assistenza, definito “bridge model”, che integra le competenze e le risorse delle Ong e dell’Ambulatorio per creare un sistema di presa in carico efficace, multidisciplinare e integrato – aggiunge Beatrice Sgorbissa, medical coordinator Missione Italia per Intersoss -. Da un lato con un approccio proattivo e di prossimità, utilizzano cliniche mobili per raggiungere le comunità più vulnerabili nei vari quartieri di Palermo (attività di outreach). Questo metodo non solo facilita l’accesso ai servizi sanitari, ma offre anche accompagnamenti verso i servizi dell’Ambulatorio. Dall’altro, l’Ambulatorio è sempre pronto e aperto ad accogliere e prendere in carico le persone più vulnerabili garantendo così un’assistenza continua e tempestiva. Questo approccio non si limita alla dimensione sanitaria, ma si estende anche ai fattori sociali che influenzano la salute, promuovendo un miglioramento complessivo delle condizioni di vita delle persone assistite”.

“Grazie all’impegno congiunto si sta costruendo un futuro più giusto e inclusivo per le comunità vulnerabili di Palermo, restituendo dignità e accesso alle cure a chi ne ha più bisogno”, concludono.

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