“Rivolgo qui il mio appello ai laureandi in Medicina e agli specializzandi perché scelgano di lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale, perché abbiano fiducia nel lavoro di ristrutturazione della sanità che stiamo portando avanti. Non li deluderemo. In questo Governo è forte la consapevolezza che investire sui giovani significa scommettere su un’Italia solida e competitiva”. Ad affermarlo è stato il ministro della salute, Orazio Schillaci all’Università Tor Vergata di Roma.
Su queste parole si pone una riflessione su il perché i giovani vogliano ancora intraprendere una carriera in medicina, in considerazione delle problematiche che ha il Ssn e se la scelta vien fatta per vocazione o si punta a un buon stipendio, magari nel privato o fuori dall’Italia.
“Sono certo che chi inizia un percorso di studi in sanità, lo fa solo per scelta vocazionale, per aiutare gli altri e anche per soddisfare una propria esigenza sentimentale“. A dichiararlo è il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato, componente del direttivo Fnomceo.
“Il vero problema è che ci si perde durante il percorso lavorativo a causa di una bassa remunerazione, di scarsa sicurezza nelle aziende sanitarie e soprattutto quando non vi è un adeguato avanzamento di carriera – spiega -. Questo ultimo punto è una ferita mortale per la vocazione. La situazione economica è relativa quando vi è un riconoscimento dalle persone che si ha aiutato. Ma se non vi sono gli altri punti il fattore economico prevale”.
“Dobbiamo lavorare sul poter dare la giusta gratificazione nel percorso lavorativo. In passato vi era una gradualità di progressione di carriera. Oggi, con le nuove regole, si entra in un modo e, probabilmente, si rimane sempre con lo stello livello. Invece, i primari sono costretti ad amministrare e non a svolgere attività che riguardano l’arte medica – conclude -. Ci sono tomi interi che parlano di un servizio sanitario amministrato, ma le amministrazioni sono una cosa, fare il medico è tutt’altra cosa”.