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Il 72% degli italiani vuole il medico di famiglia, Galvano: “Ma il sistema ci schiaccia, serve una svolta”

mercoledì 12 Marzo - 2025 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: News ed eventi

Nel pieno della crisi del Servizio Sanitario Nazionale e con un rapporto medico-paziente sempre più fragile, il medico di famiglia si conferma un punto di riferimento imprescindibile per gli italiani.

Secondo il III Rapporto Fnomceo-Censis, il 72% dei cittadini non rinuncerebbe mai al proprio medico di fiducia, mentre il 76% ritiene essenziale averlo vicino casa. Dati che evidenziano il ruolo cruciale della medicina generale, ma che si scontrano con una realtà preoccupante: i medici di base sono sempre meno e il loro carico di lavoro è in continua crescita.

Il rapporto Fnomceo-Censis evidenzia che la carenza di medici di medicina generale è un fenomeno prevedibile, ma a cui non si è ancora trovata una risposta adeguata. Nel 2003, per ogni 10mila abitanti vi erano 8,2 medici di base; nel 2013 erano scesi a 7,5 e nel 2023 sono arrivati a 6,4. Il numero di medici con più di 1.500 assistiti è passato dal 16% del 2003 al 51,7% nel 2023.

Questi dati mostrano una rete di assistenza territoriale sempre più fragile, sostenuta unicamente dalla dedizione dei medici in servizio che potrebbe peggiorare con l’Autonomia differenziata in sanità.

I dati dell’Isola

Se molte regioni stanno affrontando difficoltà legate alla riduzione dei medici di medicina generale, la Sicilia si distingue per alcune peculiarità. Secondo la Fondazione Gimbe, nell’Isola il 25,5% dei medici supera il massimale di 1.500 assistiti, un dato inferiore alla media nazionale del 51,7%. Al 1° gennaio 2024, il numero medio di assistiti per medico di medicina generale in Sicilia era di 1.161, rispetto alla media nazionale di 1.374.

A un primo sguardo, questi numeri potrebbero far pensare a una situazione meno critica rispetto ad altre regioni. Tuttavia, il quadro cambia se si considera il trend degli ultimi anni. Tra il 2019 e il 2023, il numero di medici di famiglia è diminuito del 12,3%, in linea con il calo nazionale del 12,7%.

Il dato più preoccupante riguarda il futuro. Mentre a livello nazionale si registra una riduzione del 15% nelle domande per i corsi di formazione in medicina generale, in Sicilia si è verificato un incremento del 45%, con 86 candidati in più rispetto ai posti disponibili. Un paradosso che evidenzia la necessità di un maggiore investimento nella formazione e nell’inserimento di nuovi professionisti sul territorio, caso contrario ci sarà un uniformazione al ribasso con le altre regioni.

L’allarme 

Quando potrà reggere questo sistema senza un intervento strutturale? A rispondere è Luigi Galvano, segretario provinciale La Federazione italiana Medici di Medicina Generale Palermo.

“Il ruolo dei medici di medicina generale è cruciale per il funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale. Eppure troppo spesso non è pienamente compreso o adeguatamente valorizzato. Oggi i medici di famiglia affrontano carichi di lavoro insostenibili e si trovano a gestire pazienti sempre più complessi senza un adeguato supporto. Non è più tollerabile che la tenuta del sistema sanitario gravi esclusivamente sulle spalle dei professionisti, senza investimenti reali per migliorare il coordinamento dei servizi territoriali”, dichiara Galvano.

“La pandemia ha determinato una accelerazione sull’uso dell’informatica di pronto uso (e-mail e whatsapp) da parte dei cittadini assistiti al punto che durante la pandemia nessuno è rimasto senza farmaci e senza che ci sia stata una riduzione della spesa per farmaci – prosegue -. Ma l’introduzione di questa informatizzazione rudimentale in mano a persone non formate al loro uso, sta determinando un dilagare del carico di richieste ai medici senza che la maggior parte di questi possano avvalersi di collaboratori di studio”.

“Attualmente, circa 20 milioni di cittadini nel Paese rischiano di rimanere senza un medico di fiducia, se non si riesce a contrastare il fenomeno – sottolinea -. Questa carenza non solo aumenta il carico di lavoro dei colleghi in servizio, ma li rende anche più vulnerabili al burnout. Le condizioni di lavoro stanno peggiorando e, al momento, non si vedono investimenti adeguati per un concreto miglioramento. Il rafforzamento del modello convenzionale attraverso incentivi e strumenti di governance più efficaci è l’unica strada percorribile per salvaguardare il sistema”.

L’appello

“La politica deve prendere decisioni concrete, anche riguardo al futuro del ruolo del medico di medicina generale. Rendere i medici di medicina generale dipendenti dei servizi sanitari regionali non garantirà né flessibilità organizzativa, né una riduzione dei costi a carico delle Regioni, né un aumento dell’occupazione attraverso investimenti nei fattori di produzione -evidenzia -. Inoltre, ricordo che i medici di medicina generale vanno oltre le ore di servizio, che vanno definite come minime. Sono i professionisti concretamente più tracciati, infatti ogni prestazione che fanno per via informatica viene tracciata dal ministero dell’economia, basta vedere occupandosi dei pazienti anche in quell’‘assistenza fantasma’ che si svolge al di fuori dell’orario lavorativo, soprattutto per i pazienti fragili, che continuano a trovarsi senza un adeguato riferimento sanitario nei momenti di maggiore necessità, conclude Galvano.

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