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Stratificazione del rischio nella Sindrome di Brugada: cosa ci insegna il nuovo studio multicentrico

mercoledì 15 Gennaio - 2025 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Articoli, Studio medico

“Per consentire un percorso diagnostico e terapeutico sempre più uniforme a livello internazionale, seppur il più possibile disegnato sul singolo paziente affetto da Sindrome di Brugada, stiamo proseguendo unendo ed analizzando i dei maggiori centri nazionali ed internazionali, grazie a questa unione ogni giorno registriamo progressi importanti”. E’ con queste parole che Gregory Dendramis, dirigente medico presso l’Arnas Ospedale Civico di Palermo, presenta al SiciliaMedica.it l’ultimo studio dedicato a questa sfida clinica.

La sindrome di Brugada (BrS) è una patologia ereditaria, caratterizzata da un’anomalia dell’attività elettrica del cuore, visibile nell’elettrocardiogramma, che può predisporre a gravi aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa in pazienti di età inferiore ai 40 anni.

Cosa suggerisce il nuovo studio multicentrico riguardo al trattamento dei pazienti asintomatici con sindrome di Brugada?

Sebbene i pazienti sintomatici necessitino di un trattamento mirato, la gestione degli asintomatici con un pattern ECG spontaneo di tipo 1 rimane una sfida aperta. Il nostro studio multicentrico ha coinvolto 165 pazienti asintomatici con un pattern elettrocardiografico spontaneo di tipo 1 della sindrome di Brugada (BrS). L’obiettivo era valutare il ruolo dello studio elettrofisiologico (EPS) nella stratificazione del rischio e chiarire una questione ancora dibattuta nella comunità scientifica. Abbiamo arruolato pazienti provenienti da otto centri tra luglio 1996 e febbraio 2023, sottoponendoli a uno studio EPS con stimolazione elettrica programmata (PVS) per verificare l’inducibilità di aritmie ventricolari. I partecipanti sono stati monitorati per una mediana di 90 mesi, al fine di rilevare eventuali eventi aritmici maggiori”.

Quali sono stati i risultati principali?

“Lo studio ha dimostrato che solo il 2% dei pazienti ha riportato eventi aritmici maggiori durante il follow-up, inclusi un caso di morte cardiaca improvvisa e due interventi appropriati di defibrillatori impiantabili (ICD) per fibrillazione ventricolare. Abbiamo osservato che l’inducibilità di aritmie ventricolari durante l’EPS non era direttamente correlata a un aumento del rischio a lungo termine. Infatti, il tasso annuale di eventi in pazienti con EPS positivo era simile a quello dei pazienti con EPS negativo”.

Ci sono stati fattori che si sono dimostrati predittivi di eventi aritmici maggiori?

“Sì, abbiamo riscontrato che i pazienti con eventi aritmici maggiori presentavano più frequentemente una storia familiare di BrS, blocco AV di primo grado e un QRS prolungato nell’ECG basale. Inoltre, due dei tre pazienti con eventi aritmici erano portatori della variante SCN5A, il che suggerisce un possibile ruolo della genetica nella stratificazione del rischio”.

Cosa ci dicono questi risultati riguardo l’uso degli ICD nei pazienti asintomatici?

“I nostri dati indicano che l’impianto profilattico di ICD non dovrebbe basarsi esclusivamente sui risultati positivi dell’EPS. Questo perché il rischio annuale di eventi rimane molto basso, anche nei pazienti con EPS positivo, mentre gli ICD comportano rischi significativi di complicanze a lungo termine. È fondamentale adottare un approccio più personalizzato e multiparametrico alla stratificazione del rischio“.

I prossimi passi?

“Questo studio evidenzia la necessità di integrare i risultati dell’ECG con informazioni cliniche, genetiche e avanzati modelli di punteggio del rischio per migliorare la gestione della BrS. Il nostro obiettivo è sviluppare strategie più raffinate che possano identificare con precisione i pazienti realmente a rischio. Crediamo che ulteriori ricerche prospettiche e multicentriche possano fornire dati ancora più solidi”.

Cosa significa per lei, come dirigente medico presso il centro di riferimento regionale per la cardioaritmologia a Palermo, aver partecipato a uno studio di questa portata?

Partecipare a uno studio di questa portata, come dirigente medico presso il nostro centro di riferimento regionale per la cardioaritmologia a Palermo, è per me un grande onore e una responsabilità. La sindrome di Brugada è una malattia complessa che continua a sfidare la nostra conoscenza e le nostre capacità di trattamento. Contribuire a uno studio multicentrico così rilevante, mirato a migliorare la stratificazione del rischio nei pazienti asintomatici, rappresenta un passo fondamentale. La nostra équipe, insieme agli altri centri di ricerca, ha lavorato con impegno per fornire nuove evidenze che possano fare la differenza per i pazienti. Ogni progresso che facciamo ha un impatto diretto sulla vita dei malati. Studiare la sindrome di Brugada è una missione che tocca il futuro di molte persone. Come professionisti della salute, siamo motivati a non fermarci finché non avremo raggiunto una comprensione e un trattamento ottimali”.

Sindrome di Brugada, l’anomalia elettrica del cuore dietro a tante morti improvvise CLICCA PER IL VIDEO

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