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Empagliflozin contro la malattia renale cronica: – 30% di decessi

lunedì 7 Novembre - 2022 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Articoli, Studio medico

La malattia renale cronica (MRC) è una delle principali cause di mortalità a livello globale: si stima che ogni anno nel mondo ci siano almeno 5 milioni di decessi con un numero di casi in costante crescita, essendo la MRC strettamente collegata ad altre patologie metaboliche e cardiovascolari, tra cui il diabete, l’ipertensione e l’obesità.

Da oggi è possibile contrastare la progressione della malattia renale cronica (che in Italia conta 3 milioni di pazienti), grazie a un trattamento finora approvato solo contro il diabete e l’insufficienza cardiaca, che in Italia conta tre milioni di pazienti, con l’empagliflozin.

Lo studio internazionale EMPA-KIDNEY, condotto dall’Università di Oxford con la partecipazione dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, centro coordinatore per l’Italia, ha dimostrato che la terapia non ha controindicazioni nei pazienti, e riduce del 28% l’avanzamento della malattia e il rischio di morte cardiovascolare.

Lo studio EMPA-KIDNEY

Lo studio internazionale di nefroprotezione ha coinvolto, oltre l’Italia, 7 paesi, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Malesia, Giappone e Cina. L’indagine ha valutato in 6.609 pazienti con problemi renali, con e senza il diabete, la sicurezza e l’efficacia del trattamento con empagliflozin. L’obiettivo primario dello studio era valutare se il farmaco rallentasse la progressione della malattia renale e riducesse il rischio di morte per cause renali o cardiovascolari.

“Questi farmaci – dichiara Roberto Pontremoli, direttore della Clinica di Medicina Interna 2 del Policlinico San Martino, professore ordinario di Medicina Interna dell’Università di Genova e coordinatore nazionale dello studio – bloccano il funzionamento di alcune proteine renali, chiamate cotrasportatori sodio-glucosio, fondamentali per il mantenimento dei livelli ottimali di glucosio nel sangue. Le glifozine, inibendo il funzionamento di queste proteine, prevengono l’accumulo di glucosio in eccesso che viene espulso dall’organismo attraverso le urine. Il passaggio di glucosio attraverso il rene nelle urine innesca meccanismi che portano molteplici effetti protettivi sulle cellule renali”.

I pazienti, con età media di 63.8 anni, sono stati seguiti per due anni per valutare l’andamento della malattia, la mortalità e i ricoveri – prosegue – Un evento cardiovascolare (infarto o ictus) o renale si è verificato in 432 dei 3.304 pazienti del gruppo che ha assunto il farmaco e in 508 dei 3.305 pazienti del gruppo placebo, dimostrando che il farmaco riduce del 28% la progressione della malattia in forma più grave, sia nei pazienti diabetici che in quelli senza diabete. Inoltre, nel gruppo che ha assunto empagliflozin si è registrato un minor numero di ricoveri, con una riduzione del 14% rispetto al gruppo placebo. Questo studio è importante perché suggerisce la possibilità di estendere l’impiego dell’empagliflozin in pazienti con problemi renali cronici anche senza diabete. Inoltre, il trattamento è destinato ad influenzare significativamente gli standard terapeutici per i prossimi 10-20 anni. Potrà infatti migliorare la prognosi dei pazienti nefropatici, ritardando la necessità di sottoporsi a dialisi e/o a trapianto del rene ed evitando malattie cardiache associate a problemi renali”.

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