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Chaperonopatie, Scalia: “Colmare il divario tra ricerca e clinica è una priorità” CLICCA PER IL VIDEO

venerdì 25 Ottobre - 2024 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Formazione, Innovazione, Studio medico, Video

Le patologie neurodegenerative legate a disfunzioni delle proteine chaperone, note come chaperonopatie, rappresentano un campo di ricerca in espansione. Queste malattie possono derivare da mutazioni genetiche o da difetti acquisiti in membri del sistema chaperoninico (CS), e colpiscono specificamente la capacità delle cellule di mantenere l’integrità proteica.

A parlarci di queste patologie rarissime è la dottoressa Federica Scalia, ricercatrice del dipartimento Biomedicina, neuroscienze e diagnostica avanzata dell’Università di Palermo.

Le proteine chaperone

Il termine “chaperone” si riferisce a una classe di proteine fondamentali per il corretto ripiegamento e assemblaggio di altre proteine. Tradurre l’informazione genetica dell’RNA messaggero in una sequenza di amminoacidi non basta per generare una proteina funzionale; è necessario che questa sequenza si ripieghi in una specifica struttura tridimensionale, indispensabile per il suo funzionamento. Se il processo di ripiegamento è difettoso, si possono verificare alterazioni strutturali che compromettono la funzionalità della proteina, causando potenzialmente gravi danni all’organismo.

Condizioni come le chaperonopatie, dovuti a disordini genetici riconducibili proprio agli chaperoni, sono rare perché spesso non sono conosciute, e riconosciute, nemmeno dai medici.

La diagnosi

“Esiste un vuoto tra la ricerca e la clinica e occorre colmarlo per offrire nuove risposte ai pazienti” evidenzia la ricercatrice.

Le mutazioni delle proteine chaperone fanno parte di un sistema molto complesso e, spesso, vengono identificate in pazienti con malattie neurodegenerative – spiega -. Tuttavia, la maggior parte di queste mutazioni non viene approfondita: raramente si conducono esperimenti funzionali per comprendere quale disfunzione la mutazione provochi effettivamente nella proteina codificata dal gene alterato. Questo porta a una situazione problematica, in cui le mutazioni non vengono studiate a fondo e le malattie rimangono in parte poco comprese. Inoltre, le neuropatie e le malattie neurodegenerative presentano sintomi molto eterogenei, il che rende difficile differenziarle e rischia di portare a diagnosi errate”.

Per affrontare una diagnosi, è utile iniziare escludendo le patologie più comuni, come quelle del motoneurone o della mielina, per poi passare gradualmente a uno screening di malattie rare e ultra-rare. Utilizzando anche il sequenziamento dell’esoma completo (WES)  – sottolinea -. A tal fine, nel nostro istituto abbiamo creato pannelli genetici specifici per lo studio delle neuropatie, che sono disponibili per la consultazione e possono essere utilizzati in collaborazione con altri ricercatori o clinici. Questi pannelli permettono di esplorare una vasta gamma di geni, aiutando nell’identificazione di quelli potenzialmente coinvolti nelle patologie rare”.

Le mutazioni scoperte

Gli esempi più studiati, al momento, sono le chaperonine di Gruppo I, come la proteina Heat Shock 60 (Hsp60), e di Gruppo II, come la Chaperonin Containing T-Complex polypeptide 1 (CCT).

Tra le chaperonopatie genetiche, alcune mutazioni nel gene CCT5, che codifica per una subunità della proteina CCT, sono associate a neuropatie gravi. Ad esempio, una mutazione p.(His147Arg) nella subunità CCT5 è stata correlata a una neuropatia sensoriale mutilante distale.

Recentemente, è stata identificata una nuova variante, p.(Leu224Val), nella stessa subunità, che provoca un quadro clinico differente. Questa mutazione sembra causare un cambiamento conformazionale nella proteina, compromettendone la funzione e aggravando la disabilità motoria.

Il futuro

Il futuro della ricerca sulle chaperonopatie promette di aprire nuove strade nella diagnosi e nel trattamento di queste complesse patologie. L’obiettivo principale è sviluppare una sinergia efficace tra chi conduce ricerca in laboratorio e chi lavora direttamente con i pazienti, poiché solo attraverso questa collaborazione si possono creare opportunità significative.

Questi studi sono fondamentali per offrire un punto di riferimento a pazienti che, spesso, si trovano a passare da un centro specialistico all’altro senza risposte definitive. Inoltre, approfondire la comprensione delle disfunzioni delle proteine chaperone potrà portare alla realizzazione di interventi terapeutici mirati, aprendo nuove prospettive per trattamenti più efficaci e personalizzati.

 

 

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