“La medicina generale è stata la prima a dotarsi di strumenti digitali evoluti. Già tra gli anni ’80 e ’90, i medici di famiglia utilizzavano software potenti per gestire la salute dei pazienti. Eppure, oggi, il vero salto di qualità si gioca sulla capacità di rendere questi strumenti interoperabili, cioè in grado di dialogare tra loro e con gli altri attori del sistema sanitario”.
A parlare è Giorgio Moretti, esperto di sistemi informativi sanitari e dirigente di lunga esperienza nel settore della digitalizzazione in sanità il quale spiega che: “L’Italia ha avviato il processo di interoperabilità già dai primi anni 2000 con il fascicolo sanitario elettronico 1.0, sviluppato inizialmente in alcune regioni del Nord. Oggi – grazie ai finanziamenti del PNRR – stiamo lavorando al fascicolo sanitario elettronico 2.0, progettato per essere pienamente compatibile con le specifiche europee dell’European Health Data Space”.
Ma cosa significa davvero “interoperabilità”?
Troppo spesso ridotta a un tecnicismo, essa rappresenta invece una nuova cultura della cooperazione clinica. Un sistema interoperabile è uno strumento di lavoro concreto, che permette a professionisti diversi di collaborare e prendere decisioni cliniche rapide, condividendo in tempo reale le informazioni utili alla cura del paziente.
In questo scenario, la medicina generale gioca un ruolo fondamentale. Il vero cambio di passo, secondo Moretti, risiede nella diffusione del patient summary: “Un profilo clinico sintetico, compilato direttamente dal medico di medicina generale, che contiene tutte le informazioni essenziali sulla storia sanitaria del paziente. Questo documento può rivelarsi decisivo per un collega che deve assistere, ad esempio, un paziente in coma al pronto soccorso senza averlo mai visto prima”.
“Il patient summary è la massima espressione dell’interoperabilità clinica – aggiunge -. Non è un semplice archivio, ma uno strumento vivo, pensato per facilitare il lavoro dei medici e migliorare l’assistenza, anche in situazioni di emergenza”.
Il fascicolo sanitario elettronico, quindi, non è un fine, ma un mezzo per rendere la sanità più efficace, più sicura, più centrata sul paziente.
“La tecnologia è essenziale, ma non sufficiente: servono contenuti clinici di qualità, aggiornati e condivisi. E in questo, la medicina generale può e deve avere un ruolo da protagonista”, conclude.