Nel pieno di un contesto geopolitico che sembra piegare la bilancia degli investimenti pubblici verso la difesa e il riarmo, la sanità rischia di diventare l’ennesima vittima silenziosa. In Italia, come in altri paesi europei, si assiste a un progressivo impoverimento del sistema sanitario pubblico, già in affanno da anni. Strutture ospedaliere che cadono a pezzi, personale insufficiente e sottopagato, liste d’attesa interminabili: la fotografia è impietosa. Eppure, mentre aumentano i fondi per armamenti, la salute dei cittadini resta al margine delle priorità.
A farsi portavoce di un allarme sempre più condiviso è Toti Amato, presidente dell’Ordine dei medici di Palermo e delegato agli esteri per la Fnomceo.
“In questo momento – spiega – c’è un confronto continuo tra gli ordini dei medici europei e anche alcuni extraeuropei, soprattutto dell’America Latina. La preoccupazione è condivisa: il welfare, che è stato una grande conquista, rischia di sgretolarsi. Negli ultimi anni la spesa sanitaria è andata indietro, nonostante gli sforzi dei governi. E ora si teme che l’aumento delle spese militari possa penalizzare ancora di più la sanità pubblica”.
Il tema sarà al centro della Convention europea dei medici che si terrà a Roma a maggio, con rappresentanti da tutta Europa. L’obiettivo è uno solo: alzare la voce, chiedere che almeno si preservino – se non si aumentano – i fondi destinati alla salute pubblica.
“Non siamo contro il rafforzamento dei sistemi di difesa – chiarisce – ma chiediamo con forza che non si dimentichi la difesa della salute. Perché armarsi, ma stare male in salute, non è una strategia che può funzionare. La salute è la vera sicurezza”.
Il confronto internazionale, sottolinea, rivela forti disparità. E non solo tra Nord e Sud del mondo, ma anche all’interno dell’Europa stessa.
“I paesi nordici investono massicciamente in ricerca, medicina basata sull’evidenza, algoritmi e intelligenza artificiale – aggiunge -. Noi, nei paesi mediterranei – penso a Italia, Spagna, Grecia – conserviamo ancora una forte attenzione alla persona, non solo alla malattia. È un approccio più umano, ma che rischia di diventare un lusso se non ci sono le risorse per sostenerlo.”
Tra i temi più delicati affrontati in ambito internazionale, Amato richiama l’attenzione su un recente voto dell’Associazione Medica Mondiale riguardo alla sperimentazione dei farmaci, che segna un punto di svolta sul piano etico: “Abbiamo ottenuto una svolta importante: non si potrà più testare un nuovo farmaco contro un placebo se esistono già trattamenti efficaci. È una questione di dignità e rispetto della persona. Questa mozione, approvata dalla maggior parte dei paesi membri, modifica uno dei principi del Trattato di Helsinki. E c’è anche una versione italiana del documento che ho curato personalmente, insieme a colleghi del Vaticano e del Gemelli”.
Il messaggio che lancia è forte, e va oltre i confini della medicina.
“Dobbiamo lavorare insieme, confrontarci. Perché i benefici non sono per i medici, ma per le persone. Per chi oggi si sente abbandonato in un pronto soccorso, per chi aspetta mesi una visita, per chi non può curarsi. La salute deve tornare al centro. La sanità non può essere la vittima silenziosa delle scelte geopolitiche”.