“Se pensi di aver conseguito un grave danno derivante da casi di malasanità, contattaci subito per una valutazione del tuo caso – zero spese di anticipo pensiamo a tutto noi”.
E’ con questo slogan e l’immagine di un medico in manette, che un avvocato, nel Napoletano, ha pubblicizzato la propria attività vicino a degli ospedali e sui social.
Ma la condotta non è passata inosservata ed è stato sospeso per due mesi, poiché la sua propaganda era lesiva della categoria dei medici e non solo.
Il fatto era stato segnalato, tra il 2018 e 2019, con un esposto dal segretario generale della federazione CISL medici.
Il presidente Omceo Palermo
“Plauso al Consiglio Distrettuale di Disciplina Avvocati e al Consiglio Nazionale Forense per la decisione presa”, dice Toti Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo.
“È da tempo che noi come Ordine dei medici siamo impegnati contro “l’aggressività” degli avvocati, talvolta per presunti casi di malasanità, molte volte non vere, ma per avere dei risarcimenti onerosi.
Fino ad oggi, per tanti motivi, anche in base a normative dei garanti della concorrenza, su questi aspetti non c’era mai stato una forte presa di posizione, né da parte dei tribunali, né da parte dei decisori politici.
Che questa volta ci sia stata una sospensione che grava su un avvocato, siamo ben lieti della decisione presa. Speriamo che ci sia un’inversione di rotta in cui le cause devono essere intentate solo se sono giuste e con modalità che rispecchiano la vericità della professione, sia medica che, soprattutto, di quella forense.
Sarebbe opportuno che anche la politica si occupasse di rapporti etici e deontologici, oltre che del mondo delle professioni“.
Difatti, le norme deontologiche violate sono:
- i doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza (art. 9 CDF), i doveri relativi all’informazione sull’esercizio dell’attività professionale (art. 17 c. 2 CDF) e il dovere di corretta informazione (art. 35 c. 2 CDF);
- i doveri di cui sopra (art. 9, 17 c. 2, 35 CDF) nonché il divieto di accaparramento di clientela (art. 37 CDF).
Il Consiglio Distrettuale di Disciplina Avvocati aveva sospeso l’esercizio della professione per cinque mesi ma, a seguito di ricorso, il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la responsabilità disciplinare dell’avvocato a due mesi.
Questo perché, l’avvocato, aveva dato incarico a terzi di pubblicizzare la sua offerta di servizi legali ma non si è preoccupata di verificarne la realizzazione.