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Contratto medici, Cimo: “In Sicilia aziende ferme ai blocchi di partenza. Attivarsi immediatamente”

mercoledì 6 Novembre - 2024 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Lavoro, News ed eventi
Solo il 59% delle aziende sanitarie e ospedaliere italiane ha avviato la trattativa aziendale per l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2019-2021. In Sicilia solo l’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania ha firmato il contratto.
Questo dato emerge da un’indagine del sindacato dei medici della Federazione Cimo-Fesmed, che ha analizzato 155 realtà del settore.

Oltre a questi dati, preoccupano anche l’assenza di fondi per il rinnovo contrattuale per il triennio 2025-2027 nella bozza della Legge di Bilancio 2025.  Fondi previsti solo per il periodo 2028-2030, e il mancato rilascio dell’atto di indirizzo necessario per avviare le trattative del contratto 2022-2024. La scadenza è prevista tra meno di due mesi.

L’indagine rivela anche che solo nel 37% dei casi è stato aggiornato il regolamento per l’assegnazione degli incarichi, nel 33% quello sulle prestazioni aggiuntive, nel 18% quello per l’uso delle risorse economiche, e nel 14% il piano per le emergenze. Ancora più grave, il regolamento obbligatorio sull’orario di lavoro è stato aggiornato solo nel 23% delle aziende, con l’iter di budgeting concluso in appena 39 aziende.

 In Sicilia

È un dato allarmante, ma si impallidisce di fronte alla situazione siciliana, dove solo il Cannizzaro ha firmato il contratto, mentre tutte le altre sono ferme ai blocchi di partenza. Se a livello nazionale la percentuale si attesta intorno al 60%, in Sicilia la percentuale reale è vicina al 10%”. A dichiararlo è il segretario regionale della Cimo Sicilia Giuseppe Bonsignore.

“Questo comporta la mancata erogazione di alcune indennità e soprattutto in molte aziende non vengono assegnati gli incarichi dirigenziali e corrisposta mensilmente la cosiddetta variabile aziendale, voce stipendiare pensionabile che rappresenta un obbligo da parte delle aziende sanitarie. È un obbligo violato ormai da 32 anni, da quando il decreto legislativo 502 del 1992 lo ha introdotto”, precisa.

“C’è poi un altro problema grave – continua Bonsignore – legato al mancato trasferimento di risorse economiche nazionali. Fondi statali che la Regione, e in particolare l’Assessorato regionale della Salute, trattiene da anni senza distribuirli alle aziende sanitarie. Queste risorse, previste dalla Legge 205 del 2017, erano destinate a compensare le perdite salariali subite dai medici nell’ultimo decennio e a incrementare i fondi contrattuali. Oggi, però, non si sa dove siano finiti e né se saranno mai erogati”.

“Tutti questi sono fattori che accentuano il malcontento dei professionisti e che risultano tra le motivazioni per cui i medici scelgono di andar fuori dal nostro Paese e di non specializzarsi nelle discipline più a rischio. Anche in considerazione dell’assenza di un piano straordinario di assunzioni, della depenalizzazione dell’atto medico e di risorse sufficienti per migliorare l’offerta sanitaria – conclude –. Chiediamo quindi al Presidente Schifani, all’Assessore della Salute Giovanna Volo e ai vertici di tutte le Aziende Sanitarie della Sicilia di attivarsi immediatamente”.

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