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Batteri intestinali possono aumentare la voglia di fare sport e combattere la depressione

martedì 20 Dicembre - 2022 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Studio medico

Alcuni batteri intestinali potrebbero migliorare le performance sportive e rafforzare la motivazione nei pazienti affetti da depressione e dipendenze.

Sui topi è stato dimostrato che producono delle sostanze che agiscono sulle vie nervose che collegano l’intestino all’area del cervello che controlla la motivazione.

lo studio, pubblicato su Nature dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania (Usa), è stato avviato per capire quali fattori condizionano le prestazioni fisiche. I ricercatori hanno messo a confronto diversi topi di laboratorio, misurando il tempo che trascorrevano ogni giorno correndo volontariamente sulla ruota e la loro resistenza fisica. A sorpresa, si è scoperto che le differenti prestazioni fisiche tra un topo e l’altro possono essere spiegate solo in minima parte dal Dna.

Infatti, i ricercatori hanno scoperto che due specie batteriche strettamente legate a prestazioni migliori, Eubacterium rectale e Coprococcus eutactus, producono metaboliti noti come ammidi di acidi grassi (FAA). Questi ultimi stimolano i recettori chiamati recettori endocannabinoidi CB1 sui nervi sensoriali incorporati nell’intestino, che si collegano al cervello attraverso la colonna vertebrale. La stimolazione di questi nervi costellati di recettori CB1 provoca un aumento dei livelli del neurotrasmettitore dopamina durante l’esercizio, in una regione del cervello chiamata striato ventrale.

Se possiamo confermare la presenza di un percorso simile negli esseri umani, potrebbe offrire un modo efficace per aumentare i livelli di esercizio delle persone per migliorare la salute pubblica in generale”, dice Christoph Thaiss, PhD, uno dei ricercatori della Penn Medicine.

Questo percorso motivazionale dall’intestino al cervello potrebbe essersi evoluto per collegare la disponibilità di nutrienti e lo stato della popolazione batterica intestinale alla prontezza a impegnarsi in un’attività fisica prolungata”, aggiunge J. Nicholas Betley, PhD, associato professore di Biologia presso la School of Arts and Sciences dell’Università della Pennsylvania.

 

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