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Ictus: la Stroke Unit di Villa Sofia Palermo svela i segreti del proprio successo

sabato 29 Ottobre - 2022 | di Giorgia Görner Enrile | Categorie: Salute, Studio medico

“Ogni minuto è prezioso“.

L’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.  Quasi 150.000 italiani vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. Il numero dei casi, purtroppo, è in crescita.

E’ una patologia strettamente correlata al tempo: più precocemente si interviene, migliori possono essere i risultati grazie alle terapie (trombolisi e trombectomia meccanica).

A ricordarci tutto questo è la Giornata mondiale contro l’ictus cerebrale che si celebra oggi, 29 ottobre.

Per questa occasione, Sicilia Medica ha voluto intervistare i medici della Stroke Unit dell’Ospedale di Villa Sofia di Palermo, centro d’eccellenza d’Europa.

Cosa sono le Stroke Unit?

Le Stroke Unit (SU) sono Unità Operative dedicate alla cura dell’ictus in fase iperacuta. Una SU deve avere almeno 4 posti letti in area neurologica, con possibilità di monitoraggio semi-intensivo (telemetria, pressione arteriosa, saturazione di ossigeno), dedicati ai pazienti con ictus.

Ad ogni modo, ciò che fa realmente la differenza rispetto alla degenza presso altri Reparti non sono gli strumenti ma il personale, che deve essere esperto, dedicato e continuamente aggiornato. Gli obiettivi principali di una SU sono:

1) in fase ipercuta, garantire il maggior numero possibile di terapie riperfusive (trombolisi sistemica o terapia endovascolare) e nel minor tempo-possibile (l’ictus è una patologia tempo-dipendente);

2) in fase acuta, garantire un’assistenza specialistica, differenziata a seconda che il paziente sia affetto da ictus emorragico o ischemico, considerando che gli interventi assistenziali nelle prime 48-72 ore (gestione di pressione arteriosa, glicemia, temperatura corporea, ossigenazione, disordini elettrolitici etc.) hanno un ruolo determinante per prevenire espansione dell’ematoma (ictus emorragico), trasformazione emorragica o progressione della lesione (ictus ischemico) e, quindi, la prognosi in termini di mortalità e disabilità;

3) intraprendere il trattamento riabilitativo il più precocemente possibile e programmare il passaggio alle strutture più propriamente riabilitative quando necessario;

4) stabilire le basi della prevenzione secondaria nel singolo paziente, con l’obiettivo di ridurre le recidive (terapia antiaggregante o anticoagulante, trattamento della stenosi carotidea etc).

La Trombolisi cos’è?

La trombolisi sistemica, ad oggi, si fa utilizzando l’alteplase o r-TPA (nome commerciale Actilyse®), attivatore tissutale del plasminogeno ricombinante.

L’rt-PA è un farmaco derivato con tecnica del DNA ricombinante, ovvero un prodotto ottenuto tramite ingegneria genetica dall’attivatore tissutale del plasminogeno, che viene prodotto naturalmente dall’organismo (si trova in cellule del sistema nervoso e dell’endotelio) e la cui principale funzione biologica è quella di sciogliere i piccoli coaguli che normalmente si formano nel circolo ematico.

Il primo trial clinico che ha dimostrato l’efficacia della trombolisi sistemica nel trattamento dell’ictus ischemico risale al 1995. Molti altri studi sono stati effettuati successivamente e, nel Novembre 2010 l’EMA e nell’Ottobre 2013 l’AIFA hanno approvato  un’estensione della finestra terapeutica a 4.5 ore.

Negli ultimi anno, sono stati condotti diversi studi che hanno testato l’uso di altri farmaci fibrinolitici nella terapia dell’ictus ischemico; tra questi, sembra promettente il tenecteplase, il cui vantaggio consisterebbe nella possibilità di essere somministrato in bolo, diversamente dall’alteplase che prevede la somministrazione di un bolo seguito da un’infusione in un’ora.

Il trattamento trombolitico entro quando può essere somministrato?

Come detto, le linee guida nazionali ed internazionali attuali prevedono che la terapia trombolitica possa essere somministrata entro la finestra temporale di 4 ore e mezza dall’esordio dei sintomi.

È bene però ricordare che quanto prima la terapia è somministrata tanto maggiore è l’efficacia; basti pensare che il Number Needed to Treat (NNT) è pari a circa 10 per i pazienti trattati nelle prime 3 ore e diventa 19 in quelli trattati tra 3 e 4.5 ore. Nella terapia dell’ictus ischemico, si dice che “15=4”.

Ogni 15 minuti risparmiati significano 4% in meno di mortalità e 4% in più di probabilità di dimissione a domicilio.

Per questo, è fondamentale educare al riconoscimento dei sintomi ed alla necessità di arrivare in ospedale il prima possibile, chiamando 118 o 112.

Quali sono le procedure per aumentare le possibilità di recupero e limitare le conseguenze disabilitanti?

Fino al 2015, l’unica terapia dell’ictus ischemico in emergenza è stata la trombolisi endovenosa entro le 4 ore e mezzo dall’esordio dei sintomi. Purtroppo, nei pazienti in cui l’ictus è dovuto ad occlusione prossimale dei vasi intracranici, la trombolisi venosa è frequentemente inefficace: il tasso di ricanalizzazione è infatti modesto.

Tra la fine del 2014 ed il 2015 sono stati pubblicati i risultati di diversi importanti trials clinici, la cui meta-analisi ha concluso che nei pazienti con ictus da occlusione di grosso vaso, la probabilità di recupero dell’autonomia funzionale è nettamente superiore nei pazienti che sono trattati contestualmente con trombolisi venosa e trombectomia meccanica (NNT tra 3 e 7).

Già dal 2015, la trombectomia meccanica è stata pertanto raccomandata dalle linee guida nazionali ed internazionali per la cura dell’ictus ischemico.

L’obiettivo del trattamento è la rimozione meccanica del coagulo che causa l’occlusione dell’arteria cerebrale colpita. Il trattamento viene eseguito in sala angiografica (in anestesia generale oppure in sedazione cosciente, a seconda del quadro clinico) con accesso attraverso l’arteria femorale ed utilizzando un sistema di cateteri e guide che consentono di arrivare sino al sito dell’occlusione.

Dopo la fase di studio angiografico, all’interno del catetere portante vengono avanzati dei microcateteri fino a raggiungere il coagulo che causa l’occlusione. Questo potrà essere aspirato utilizzando la tecnica di Tromboaspirazione (cioè con una siringa o con una pompa si aspira il trombo) oppure recuperato mediante Stent- retrever  (strumenti simili a stent che “catturano” il trombo tra le loro maglie).

Così come per la trombolisi endovenosa, il trattamento endovascolare deve essere effettuato al più presto possibile. Infatti, ogni ora di ritardo nella ricanalizzazione riduce la probabilità di indipendenza funzionale a 3 mesi del 5%.

Nell’ictus da occlusione arteriosa prossimale, nei centri capaci di effettuare entrambi i trattamenti (centri Hub nella rete Stroke), trombolisi venosa e trombectomia meccanica sono oggi terapie effettuate in parallelo. Non appena iniziata la somministrazione endovenosa di alteplase il paziente viene trasferito in sala angiografica, dove completerà la trombolisi venosa mentre viene effettuata la trombectomia meccanica.

La Stroke Unit ha ottenuto un importante premio per le proprie performance. Quale?

L’AOOR “Villa Sofia-Cervello” di Palermo è stata premiata con l’ESO-Angels Award status GOLD per l’attività nella cura dell’ictus svolta nel primo trimestre del 2022.

Il riconoscimento viene assegnato dalla European Stroke Organization insieme alla Angels Initiative (organizzazione no profit impegnata nella promozione della cura dell’ictus) agli ospedali che raggiungono precisi obiettivi su molti indicatori di efficienza nella cura dell’ictus.

L’indicatore fondamentale dell’efficienza del percorso ictus in urgenza è il “door-to-needle”, che misura il tempo tra l’arrivo del paziente al triage del PS e l’inizio della somministrazione dell’alteplase.

Il raggiungimento di questo importante obiettivo è dovuto anche all’adozione di un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) dedicato, che ha ulteriormente migliorato il percorso per il trattamento del paziente con ictus in area di emergenza, ed alla collaborazione tra tutti gli operatori coinvolti nel percorso (neurologia, PS, radiologia, radiologia interventistica, rianimazione, neurochirurgia).

La gestione dell’ictus cerebrale in emergenza è infatti un lavoro di squadra. È come in un pit stop. Ogni figura (medico, infermiere, OSS, tecnico etc) ha un ruolo, in qualche caso apparentemente piccolo, ma sempre fondamentale. È importante che ognuno sappia perfettamente quello che deve fare e che lo faccia rapidamente (“time is brain”).

Lo status Gold ci è stato già confermato per il secondo trimestre di quest’anno. Aspettiamo fiduciosi i dati sul terzo trimestre.

 

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