Pazienti morti in sala operatoria, garze rimaste dentro il corpo, amputazioni, operazioni su arti sbagliati. Ma anche dolori cronici, cicatrici storte, seni non esattamente eguali, labbra troppo gonfie e neonati brutti e protesi che scoppiano.
Ogni giorno leggiamo nei quotidiani presunti casi di malasanità, ma quanti effettivamente lo sono? Di certo si passa da tragedie a casi assurdi.
Ogni anno in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie pubbliche. La Sicilia è una delle regioni più colpite con circa una denuncia su cinque pazienti. Pre-Covid erano circa 117 i casi di cui 84 sono decessi. Insieme alla Trinacria a registrare alti casi vi sono Lombardia e Lazio.
Nel 95% dei casi, però, in ambito penale, sfumano in un nulla di fatto.
Questa rincorsa alle azioni legali è fomentata da un bombardamento da campagne mediatiche per chiedere risarcimenti con spot tipo: “Denunciare un medico, richiedi il tuo risarcimento”.
I medici con fascicoli aperti dalla procura, però, sono costretti a sottostare ad un percorso infinito, spendendo in assicurazioni sempre più costose, avvocati e tempo.
Queste azioni legali per presunti casi di malasanità, intanto, pesano sul sistema nazionale e pazienti circa 10 miliardi ogni anno. Questo perché i medici, pur di tutelarsi, prescrivono visite, analisi ed esami spesso inutili, aumentando anche le liste d’attesa.
Responsabilità medica
Il problema degli errori in sanità esiste.
La responsabilità medica è la responsabilità professionale di chi esercita un’attività sanitaria per i danni derivati al paziente da errori, omissioni o in violazione degli obblighi inerenti all’attività stessa. La maggior parte dei casi, però, riguardano infezioni correlate all’assistenza sanitaria (6-700 mila casi) che si trasformano in decessi nell’1%.
“Italia, Polonia e Messico sono le uniche tre nazioni ad averla”. A dichiararlo è il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato, consigliere del direttivo Fnomceo.
“Quando c’è un errore è giusto evidenziarlo ed essere anche severi, ma cerchiamo di salvare il Servizio sanitario nazionale, già sottofinanziato e con debiti. – prosegue -. Prima di esso le famiglie per curarsi, mettevano da parte i soldi e rischiavano di impoverirsi. Noi non vogliamo questo. Oggi la nostra è una società avanzata, con valori etici che vanno salvaguardati, così come recita la costituzione“.
Cosa si sta facendo?
Il Ministro Schillaci intende depenalizzare la responsabilità medica (fatta eccezione per il dolo), mantenendo solo quella civile.
Con la Legge “Gelli-Bianco”, e del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è stato istituto il 28 marzo scorso una Commissione Nazionale sulla colpa medica, guidata e coordinata da, procuratore della Repubblica di Venezia.
La Commissione ha l’obiettivo di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico.
D’Ippolito sta dialogando con i professionisti del settore per raccogliere pareri in merito alla proposta avanzata da Schillaci.
A Palermo, il 18 settembre, all’Ordine dei medici si terrà un incontro per analizzare i limiti e le criticità dell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale in vista di una possibile riforma, anche legislativa, questo perché: “Un professionista sereno è di interesse della collettività”, dice il magistrato.