“Percorsi diagnostico terapeutici del carcinoma del colon retto”, questo il titolo scelto per l’appuntamento formativo organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Enna in tandem con il reparto di Chirurgia generale dell’Umberto I.
Nel 2022 sono stati diagnosticati 390.700 tumori, il carcinoma al colon-retto si colloca al secondo posto come numero di incidenza con 48.100 casi.
Il corso di formazione al quale hanno partecipato medici ospedalieri, ma anche del territorio, è stata l’occasione per fare il punto sulla tematica, illustrare le nuove metodiche nell’ approccio a questa patologia, sia in termini terapeutici che interventistici, ma anche di gestione.
Il corso, salutato con entusiasmo dai partecipanti, dalla direzione sanitaria dell’Asp con la presenza del commissario straordinario Francesco Iudica, il direttore sanitario Emanuele Cassarà e da Gaetano Adamo, vice – presidente dell’Ordine dei Medici di Enna, è servito a ribadire l’importanza della collaborazione tra le diverse branche ospedaliere e ha voluto gettare le basi verso un rapporto più partecipativo con la medicina di base, che opera quotidianamente sul territorio. Sono infatti i medici di famiglia che, con una giusta attività di comunicazione e prevenzione, possono fare emergere il sommerso della patologia rintracciando i pazienti che potrebbero esserne affetti, invitandoli effettuare i percorsi di screening e infine indirizzandoli, grazie a un rapporto diretto, verso i medici specialisti dell’Umberto I.
Il primario di Chirurgia, Danilo Centonze nonché direttore del corso, ha fatto anche una panoramica sul modus operandi usato nell’approcciare alla patologia del carcinoma colon-rettale e alla sua gestione all’interno della struttura ospedaliera.
“Nei nuovi modelli che contraddistinguono l’attuale approccio alle malattie oncologiche, anche per la loro complessità, la scelta del percorso migliore per i pazienti deve essere inquadrato e stabilito da più esperti per personalizzare al meglio le cure. Ecco – ha spiegato – perché è stato fondamentale per il nostro operato l’istituzione del GOM, il Gruppo Oncologico Multidisciplinare. Avviato dal primario di Radiologia, Enrico Di Maggio e divenuto operativo con l’arrivo della dottoressa Daniela Sambataro, direttore dell’unità operativa di Oncologia medica, la partecipazione dell’unità di Anatomia patologica diretta dalla dottoressa Carmela Donatella Emmanuele e naturalmente della Chirurgia generale. Il Gom ha permesso l’istituzione di percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali che migliorano la qualità del servizio offerto, e l’aumento del volume numerico dei casi oncologici trattati con più efficacia”.
Il team formato dall’oncologo medico, dal radiologo, dal radioterapista, dagli anatomopatologi e i chirurghi specialisti, dunque, partecipa e aderisce a un processo decisionale fondato sulla medicina basata sulle evidenze, sulle linee guida e sui Dpta di cui si è ampiamente discusso durante i lavori della mattinata.
“La parte più tecnica del corso ha visto la relazione di casi clinici e contributi video sulla chirurgia mini invasiva e le tecniche laparoscopiche con le quali la Chirurgia generale di Enna, composta da un team di giovanissimi medici, si approccia al tumore, raggiungendo l’85 per cento di interventi laparoscopici. La scelta di un trattamento mini invasivo – hanno spiegato i relatori – rientra all’interno di un più complesso trattamento di gestione perioperatoria dei pazienti chirurgici ovvero il protocollo ERAS – “Enhanced Recovery After Surgery” che ha come finalità quella di garantire ai pazienti un recupero ottimale e più veloce verso le attività quotidiane. “Questo approccio lo impieghiamo anche nei casi di emergenza grazie anche agli anestesisti e a tutto il personale di sala operatoria”, ha tenuto a precisare Centonze.
Questa nuova visione insieme alla stretta collaborazione di più professionalità ha l’obiettivo principale di mettere al centro il paziente – hanno ribadito i presenti – e dà l’opportunità agli utenti di Enna e della sua provincia di farsi operare a casa propria con la finalità ultima di ridurre al minimo il fenomeno della mobilità passiva e avere prestazioni di alto livello nell’ospedale di riferimento senza “viaggi della speranza”.