Il vorasidenib è in grado di rallentare la crescita tumorale dei gliomi, tumori cerebrali di basso grado e a crescita lenta. A dimostrarlo uno studio internazionale che ha visto la partecipazione della neuro-oncologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, attualmente diretta dalla professoressa Roberta Rudà.
I gliomi cerebrali
Colpiscono circa 4-5 persone su 100.000 abitanti. Quelli cosiddetti “di basso grado”, rappresentati da astrocitomi e oligodendrogliomi, colpiscono maggiormente pazienti giovani (tra i 20 e i 40 anni) e sono caratterizzati dalla presenza della mutazione dei geni Idh1-Idh2, determinanti per la crescita tumorale.
Pur non essendo neoplasie maligne, per questi tumori, per le caratteristiche infiltrative nel tessuto nervoso sano, non è possibile procedere con una rimozione chirurgica radicale. Nel tempo quindi il residuo tumorale tende a crescere e può evolvere verso forme più aggressive.
Quando il glioma presenta la mutazione Idh produce un metabolita anomalo (oncometabolita), che promuove la crescita e l’infiltrazione tumorale ed è anche implicato nella suscettibilità a sviluppare crisi epilettiche, sintomo frequente e invalidante per questi pazienti.
Il farmaco
Il potenziale farmaco vorasidenib è un inibitore specifico (terapia target) della mutazione Idh e la sua azione si traduce in un significativo rallentamento della crescita tumorale, consentendo di posticipare la radio e la chemioterapia, attualmente considerate terapie standard. Queste terapie infatti possono essere gravate da effetti collaterali importanti, che impattano in modo significativo la qualità di vita di questi giovani pazienti.
La vorasidenib va assunta per via orale, ed è stata ben tollerata dai pazienti coinvolti nello studio. Oltre ad avere un effetto sul tumore, sembra essere attivo anche nel ridurre le crisi epilettiche.
Ora il farmaco dovrà seguire le tempistiche dell’iter regolatorio e l’approvazione delle autorità registrative negli Usa e in Europa prima di poter essere prescritto ai pazienti. Potrà poi aprire per i pazienti lo scenario delle “terapie target o terapie di precisione”, già diffusamente impiegate in oncologia ma finora di impiego limitato in neuro-oncologia.