Sono 30 milioni gli italiani con un’infiammazione più o meno grave delle gengive, ma solo il 17% dichiara di aver ricevuto diagnosi e appena il 3% si è sottoposto a una terapia adeguata.
Ma quante di queste gengiviti sono causate o si possono trasformare in paradontite? I dati dell’Iss, infatti, segnano che il 60% degli italiani ne è colpito, ma meno di 1 su 3 sa di averla.
Dalla parodontite
E’ una malattia infiammatoria orale cronica che distrugge progressivamente le strutture portanti dei denti. Usualmente parte da una gengivite non adeguatamente trattata. La conseguenza è la formazione tasche profonde nel tessuto parodontale che possono ospitare microrganismi anaerobi che sono più dannosi di quelli di solito presenti nella gengivite semplice come: Aggregatibacter actinomycetemcomitans, Porphyromonas gingivalis, Eikenella corrodens e molti bacilli Gram-negativi.
Questa malattia mette a rischio anche le ossa della bocca. Difatti, con la perdita progressiva di osso, i denti possono diventare mobili mentre le gengive recedono, arrivando alla perdita dei denti.
Poiché l’estrazione dei denti è spesso l’evento che può scatenare l’insorgenza di questa complicanza la presenza di infiammazione non fa altro che aumentare le probabilità di sviluppare l’osteonecrosi pur rimanendo quest’ultima un’eventualità poco frequente.
Proteggere le ossa
La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia e la Società Italiana di Parodontologia e Implantologia suggeriscono in un documento, per correre ai ripari, di iniziare o continuare i trattamenti con farmaci per proteggere le ossa e prevenire le fratture causate, per esempio, dall’osteoporosi a chi soffre di paradontite.
Il rischio di effetti collaterali a carico delle ossa della bocca che possono verificarsi con queste terapie può essere infatti drasticamente ridotto con controlli e apposite procedure preventive.
L’osteoporosi colpisce circa 5 milioni di italiani, nell’80% dei casi si tratta di donne. Chi soffre di questa condizione ha un rischio di fratture più elevato. I farmaci anti-riassorbimento osseo possono ridurre le probabilità che si verifichi questa eventualità.
“Tuttavia, i pazienti che assumono questi medicinali hanno un aumento del rischio di sviluppare una complicanza orale come l’osteonecrosi delle ossa mascellari indotta da farmaci: si tratta di una seria complicanza locale che non mette a rischio la vita, ma che può comportare gravi problemi dal punto di vista estetico e funzionale“. A spiegarlo è il primo firmatario del documento Luca Landi, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia.
Finora le indicazioni presenti a livello internazionale non si sono occupate in modo specifico del paziente affetto da parodontite, malattia che colpisce in Italia circa il 50% della popolazione adulta con circa 3 milioni che hanno il rischio imminente di perdere i denti ma, soprattutto, non è stata sottolineata abbastanza la necessità di coinvolgere i diversi specialisti per avere un approccio integrato nel trattamento di questi pazienti.
Il documento
“Questo documento ha lo scopo di informare sia il medico prescrittore sulla condizione orale del paziente candidato alla terapia con anti-riassorbitivi, che l’odontoiatra sulla necessità di non interrompere le cure per l’osteoporosi ma di intensificare il controllo della infiammazione delle gengive e infine di rassicurare il paziente sulla efficacia e sicurezza dei farmaci anti riassorbitivi a patto che venga raggiunta e mantenuta una salute orale“. A spiegarlo la professoressa Maria Luisa Brandi coordinatrice per la SIOT di questo lavoro.
Il documento, dopo un’analisi della letteratura scientifica, “ha identificato le pratiche che devono essere messe in atto sia dal prescrittore che dall’odontoiatra, quando si rende necessario prescrivere un trattamento anti-riassorbitivo a pazienti con parodontite o in circostanze particolari come l’estrazione di un dente o l’inserimento di un impianto osteointegrato – prosegue -. In tal modo è possibile garantire la protezione dalle fratture in tutta sicurezza”.