I casi di celiachia non diagnosticati sono ancora tanti. Difatti, si stima che siano circa 600.000 persone a soffrirne, ma che a quasi il 60% non gli è stata ancora conclamata.
Proprio per questo l’Università di Palermo è capofila del progetto ITAMA_CAP, che coinvolge i medici di medicina generale, in partenariato con l’Università di Enna “KORE” e il Mater Dei Hospital del Ministero della Salute di Malta.
A parlarcene il professore Antonio Carroccio, direttore del Dipartimento Promise dell’Università di Palermo che fa un appello: “Il progetto si base sul fare gli screening coinvolgendo i Mandateci di base. Abbiamo chiesto il loro supporto in tutta la regione, ma non abbiamo ricevuto sufficienti richieste. E importante la loro collaborazione, proprio per il loro ruolo”.
La celiachia
La celiachia è una condizione che si scatena quando il sistema immunitario comincia per errore a colpire il glutine (proteina presente in molti cerulei a cominciare dal grano) che si lega all’enzima trans-glutaminasi tissutale presente nell’organismo.
A soffrirne maggiormente sono le donne, che costituiscono ben il 66% dei celiaci, poiché hanno una risposta immunitaria più sviluppata e veloce.
La comunità scientifica concorda sulla necessità di migliorare i metodi di diagnosi delle malattie autoimmuni, sull’importanza dell’approccio interdisciplinare e del supporto delle ICT per raggiungere questo obiettivo.
La diagnosi precoce è fondamentale per non far subire al paziente gravissime complicanze.
Il progetto
Il progetto è finanziato con fondi europei del programma INTERREG V-A Italia-Malta ed è coordinato dal professore Giuseppe Raso e diretto scientificamente dal professore Carroccio.
Applica una logica di trasferimento di tecnologie e processi innovativi al settore sanitario. Rende possibile la gestione e l’analisi dei dati biomedici per migliorare il processo diagnostico basandosi sulla capacità di identificazione della malattia attraverso specifici sintomi combinati con specifiche analisi sierologiche standard. Cerca di evitare, ove possibile, il ricorso ad esami clinici invasivi e utilizzando anche tecniche ICT di intelligenza artificiale.