Il 10 marzo del 1971 dopo un lungo pressing da parte di Aied, un piccolo Partito radicale e dei “movimenti femministi”, veniva legalizzata la contraccezione e l’Italia scopriva la pillola.
E dopo 51 anni, tralasciando il fatto che le donne fertili, anche se non più “giovani”, chiamiamole over 25, fossero state escluse dalla possibile gratuità della pillola anticoncezionale e, nonostante il Ministro Speranza parlasse di una “giusta direzione“, l’atteso via libera dell’Aifa non è più arrivato.
La Commissione tecnico scientifica e la Commissione che decide in materia di prezzi e di rimborsabilità, infatti, hanno deciso di prolungare ancora l’istruttoria, che va avanti da mesi, senza pensare, forse o di proposito, che gli organi direttivi dell’agenzia del farmaco scadranno a novembre.
Uno smacco per milioni di giovani donne che devono sostenere una spesa che varia dai 14 ai 20 euro al mese o, peggio ancora, rischiare gravidanze indesiderate. Farmaco usato, inoltre, per combattere l’acne, regolarizzare ormoni, ciclo e diverse altre patologie.
In un’epoca in cui già vivere è un lusso, figuriamoci mettere al mondo un’altra creatura, ovviamente per chi non se lo può permettere, a dividere gli esperti dell’Aifa è stato l’impatto economico del passaggio alla gratuità della pillola: un mercato di circa 200 milioni di euro.
Al momento le donne “fortunate” sono quelle che vivono in Emila Romagna, Toscana, Lombardia e Puglia, Regioni in cui, tramite consultorio, viene passata la pillola gratis. Questo perché l’acquistano le stesse Regioni con i propri soldi. L’ok dell’Aifa avrebbe permesso la distribuzione direttamente in farmacia anche per le suddette Regioni un costo in meno.
Si spera, in caso di responso negativo dell’Agenzia, che altre Regioni si facciano carico di questa spesa, e non solo per le under 25.