Una persona su quattro ha dai 65 anni in su, ossia il 23,5% degli italiani. A dirlo sono i dati Istat, riferiti all’anno 2021, che prevedono, inoltre, un aumento del 34,9% entro il 2050.
Le cause
Alla base un cambiamento demografico quasi senza ritorno, vi è una minore natalità. Difatti, i dati è segnano il minimo storico: i nuovi nati sotto i 400mila.
Dal punto di vista economico vi è una povertà assoluta che è più che raddoppiata negli ultimi quindici anni con un’inflazione che è arrivata alle stelle.
I salari, invece, sono fermi da trent’anni, con gli uomini continuano a guadagnare più delle donne, e gli anziani più dei giovani.
L’Italia, difatti, è l’unico Paese dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9%), mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1%
Ciò comporta a una
diminuzione dei matrimoni, con un peso delle nascite da genitori non coniugati che arriva nel 2021 al 39,9% e la
minore presenza di giovani under 25.Inoltre, la partecipazione femminile al mercato del lavoro vede un tasso di occupazione femminile in aumento ed un conseguente gap di genere in contrazione. Per le donne tra i 25 e i 49 anni, invece, l’occupazione non è cresciuta e, per le donne con figli piccoli, è addirittura diminuita.
Tutti elementi che fanno bene pensare a mettere al mondo un bambino, se già si ha difficoltà a mantenere se stessi.
Alla minore natalità, ovviamente, si affianca l’allungamento della vita della popolazione che, secondo le stime, nel 2070 potrebbe arrivare a 86,5 anni per gli uomini e a 89,5 per le donne.
Cosa significa per il nostro Sistema Sanitario?
Un aumento di patologie croniche. Difatti, oltre la metà della popolazione ultrasessantenne presenta più di una condizione cronica e non solo. Vi è un incremento di polifarmacoterapia, ossia l’uso cronico di almeno 5 farmaci al giorno.
Difatti la popolazione con più di 64 anni ha assorbito oltre il 60% della spesa pro capite e dei consumi. La spesa media per utilizzatore è stata di 556 euro (601,5 negli uomini e 520,8 nelle donne).
Questo cambiamenti fanno emergere la necessità non solo di supporto sociale, ma anche di politiche sanitarie che possano soddisfare i bisogni dei cittadini.
Cosa serve?
Il Ssn ha bisogno di un giusto finanziamento, per contare su professionisti preparati e adeguatamente motivati, in grado di garantire a tutti l’accesso alle cure e alle terapie secondo i tempi definiti dal bisogno, dall’emergenza, dall’acuzie e dalla cronicità.
Un servizio sanitario che persegua senza esitazioni il diritto alla salute dei suoi cittadini.
Secondo il
Ministro della Sanità Orazio Schillaci bisognerebbe “
rendere più attrattivo il sistema agendo su due leve: quella economica, con stipendi migliori agli operatori della sanità e quella organizzativa, rivedendo un modello che non funziona come dovrebbe”.
Più la “
telemedicina che gioca un ruolo essenziale per il potenziamento della sanità di prossimità, insieme al Fascicolo sanitario elettronico”.In merito alle Politiche familiari e demografiche
Per l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) servirebbe “far crescere il salario netto senza aumentare il costo del lavoro per le imprese. Per farlo, però, è necessaria una energica politica industriale finalizzata a rimuovere le cause della stagnazione della produttività e a stimolare la dinamica salariale, con beneficio per la crescita della domanda aggregata e del livello di attività economica”.
“
C’è chi sostiene che introdurre un salario minimo costituirebbe un elemento di rigidità – aggiunge il professor
Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp
– ma il salario minimo, pur nelle complessità da risolvere, va considerato piuttosto come una base da cui partire per costruire un sistema di diritti e condizioni lavorative decenti, che può benissimo coesistere con misure e intese che incrementino produttività e liberino risorse per un aumento delle retribuzioni. Questo è ancora più urgente con l’inflazione che marcia a doppia cifra e un potere d’acquisto sempre più eroso”.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche evidenzia la necessità di sviluppare più servizi per l’assistenza formale per la prima infanzia (0-3 anni). “Questo implementerebbe un effetto positivo sulla transizione al secondo figlio più rilevante rispetto ai trasferimenti monetari alle famiglie e ai congedi familiari”.